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La rivista del Centro

Annali di Architettura 30/2018

Francesco Marcorin
«Di cattiva maniera», anzi no: Sangallo, Palladio e la Roma tardoantica
pp. 137‐154.

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Strumento per distinguere tra «buona» e «cattiva maniera» e punto di riferimento per comprendere la logica e l’estetica dell’architettura antica, il De architectura di Vitruvio fu uno dei testi più assiduamente studiati dai trattatisti rinascimentali. Tuttavia, la sopravvivenza di modi costruttivi messi a punto dalla tarda antichità in poi, da un lato, e la profonda curiosità per tutto ciò che il mondo antico offriva, dall’altro, indussero gli architetti del Rinascimento a rivolgere l’attenzione anche verso altre direzioni, che con Vitruvio avevano poco da spartire. Questo articolo intende esplorare la forte influenza esercitata da modelli non strettamente vitruviani, prodotti in età tardoantica e medievale, cercandone traccia nell’opera di due architetti: Antonio da Sangallo il Giovane e Andrea Palladio. Ne emerge uno spaccato estremamente eterogeneo, dove l’approccio all’Antico e il giudizio sui singoli manufatti sono assoggettati al gusto personale dell’architetto, alle sue conoscenze e alla permeabilità o meno del suo linguaggio architettonico.

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