Werner Oechslin
„Humaniter ad Divina“ und: Architektur als Geistesgeschichte. Dalibor Vesely und Guarino Guarini: ein Nachtrag
pp. 163‐180.
Dalibor Vesely insegnava storia e teoria dell’architettura
all’Università di Cambridge. Per lungo
tempo si è occupato di Guarini Guarini nel contesto
del fenomeno del Barocco e, di conseguenza,
si è particolarmente interessato a problemi di
metodo con un’attenzione all’ermeneutica e a posizioni
come quella di Hans Sedlmayr. Le sue “trasgressioni”
dei limiti della storia dell’arte furono
sempre stimolanti, ma provocarono anche reazioni
negative. È logico che Vesely dovesse occuparsi continuamente anche di problemi di storia della
scienza. Per spiegare la cupola della Sindone come
successione di forme geometriche di dimensioni
crescenti, per analogia, si è riferito all’
Opus Geometricum
di Grégoire de Saint-Victor (1647).
Questo studio parte da qui e tenta di entrare più
concretamente nel contesto dei testi matematici
di Grégoire de Saint Victor e poi, soprattutto,
in quelli di Guarino Guarini dove la vicinanza
di schemi geometrici e di corpi architettonici si
rivela pertinente e certa. Guarini ne parla come
“quasi fructus antecedentium Tractatuum”. Le sue
opere matematiche, come l’
Euclide Adauctus, sono
soprattutto di valore didattico e didattico-sistematico.
Quel “fructus” si riferisce alla discussione
sistematica del “complementum omnium, quae de
punctis, lineis, figuris, planitiebus & soliditatibus
dicta sunt”. L’architettura non si serve soltanto di
singole figure o schemi, ma segue il
percorso sistematico
“euclideo” della geometria con tutto il peso
di un “ragionamento” sistematico e conclusivo.
Viene in mente la tradizione di Cusano, il cui
De
Transmutationibus Geometricis funse sempre da modello
per tali applicazioni e trasformazioni. L’architettura
di Guarini viene così immersa nell’universale
cosmo matematico e ne sfrutta i principi e
i significati. Il motto
Humaniter ad Divina è preso
dal De Visione Dei di Cusano.
Non c’è dubbio che Guarini, “teologo”, fosse disponibile
ad aprirsi a tali orizzonti. Dalibor Vesely
cercava di trovare una spiegazione “totalizzante”
del Barocco e la vedeva raffigurata in maniera
eccellente nel soffitto dipinto da Franz Joseph
Spiegler nella chiesa di Zwiefalten (1751). Si tratta
certamente di un altro esempio, proprio nel significato
della concreta manifestazione di ciò che si
presenta come
“aspetto”/aspectus, e che quindi è
visibile e accessibile ai sensi. Con tali espressioni
artistiche siamo di fronte a concetti ben più ampi e
universali, come si vede anche dalla strumentalizzazione
matematica, non esclusivamente astratta
ma tangibile nel contesto di una realtà architettonica
contingente e concreta. Tale è il “mistero”
barocco, di riunire concretamente il mondo spirituale
(e teleologico) con i segni “alienati” dell’arte.
O meglio: dietro questi “misteri” si intravvede
un processo ben definito, “scientifico”, che lega in
chiara corrispondenza mondi spirituali e reali, architettonici.